16 settembre 2015
Tacita amata
Tacita amata
splendente tra faville ebenacee
dei miei fiati spenti,
che bestiola dolce
sei a me lontana
e sognata,
frutto dei ricordi
che non furon mai
tra la tua pelle soffice
e di dolce ammanto
immago superba
del tuo corpo che luccica tenue
e degli occhi
che per l’incanto
e il sortire
del Fato
all’alma mia reimpairano
fulminee saette;
cade di mano
il verace appoggio
e vacilla lo spirito
innanzi la tua essenza.
Sei così,
spettacolo del firmamento
allo sguardo deciso
che talor ravviva
e talor
con stessa mano,
ferrea moneta,
dal ristoro e per esso
ambito
muore di
grazia.
E ti penso,
tutta ardita,
quando come fluido
canto
fugge tra carri
di mimetiche fughe
e sintesi astruse
ed è la balza sonora
del rimando vocale
che più agguerrita mi assale
e ti penso
carina,
tutta diletta tra oscuri silenzi
e indifferente riguardo
di chi pensa quando
c’è e dimentica in assenza,
ed il mio volto il tuo
invece
contempla estasiato in tua apparenza
ricorda indomito quando apparente
è solo effige lontana
ma vividamente impressa.
Tra balze scoscese
e madrigali spogli
il tuo manto è stupendo
come se fosse di trapunta il firmamento
e se fosse di gioia il sonno
e ragione
ed ogni umana azione
anzi la mia,
verde tra viole sperdute
di giardini e di canti
a sponda di fiume
del canto disilluso
ed inutile
dell’amor che brama bellezza
impressa in un istante
manifesto ed essente
sul tuo corpo lucente.
Piange ancora il mio spirito
al desio impossibile
di te riflessa,
ed alla sonata fatta di riso
e di silenzio,
perso,
perso
e ti penso.
Sei bella d’incanto
nella tua colloquiale
quotidianità
della voce mancante
il respiro,
alati furori
di ogni canzon riflesso
e dell’orionica cassiopea danzante
al trottare del sole aprico
nella notte che scolora
su mesta tua arsura.
Ed io solingo
e muto,
ti penso,
ti penso.
Quando la notte ancor più calda
non schiarisce il tedio
nemmanco ad una frescura
ricercata,
quale viandante sperso nel deserto
alla tua vista,
oasi dilettosa e ambita,
e più si disseta
e più traccia leggi
fulminee
e labili, flebili,
sfuggenti
tra le dita
tenui
dirette alla bocca
che mai si disseta
mancando i tuoi baci
al giovial ristoro
ed è Acheronte
il corso
e non lezioso Eufrate
né altro corso magico edenico;
ed anche come il naufrago
in naufragio atroce
di mar gran oceano
non atlantico
e dal nome infame
ed ossimorico
come tempestoso al grido
di marosi
ed acque mai chete
s’avvolge, avviluppa, e in groppa
alla corrente
sommerso è da tal mole
di salmastra acqua
che lacustre le pare
più che grandiosa
ma che grandiosamente
lo sovrasta
e s’immerge
ed è continuamente
alla deriva andando
e sempre più ne è immerso
più risale
e più tortura
immane riceve
che al portator umano
del lume divino,
tal son anch’io
al tuo pensiero
tutto di te immerso
e tutto di te senza
porto sicuro alcuno,
e tu tanto possente
che mi avvolgi a tua volta
e mi avviluppi
e mi sommergi
ma è ricordo e rimembranza
e a ciò perciò più doloroso
che l’averti
quotidiana accanto,
o come il pensier
l’insonne notte
invade
me dunque!
E ti penso,
ti penso.
Ti penso anche alla luce dell’aurora
con castelli rabbiosi
e rabbiose prove,
anche al mattino,
mattutino,
laudi
e vespri
ed ogni sonno
vetusto
sei tu
ed ogni amata antica
da te occultata,
capretta boschiva,
docile furente
mia perduta
anche al desio.
E disio mai spento
sempre tormenta.
E ti penso,
ti penso.
A me non concederà
forse
né Fato né a suo comand le Parche
il cuore tuo
se pur il mio
è tutto già tuo,
e la soavità del mio pensiero
per quanto tendente
ad un nulla che in sé dilegua
ogni speme
ed ogni
misericordia
e tenue
ma terribile
nell’abisso mi trasporta
nel tartaro mi alloca
io il tuo volto sogno
e ti penso,
io il tuo volto
pongo al centro
d’universo,
come empedocleo romore
tutto scuote
il mio dorso
ed il brivido è tempesta
e mesta sei tu,
essenza stupenda
e irraggiungibile
ed impossibile.
E tutto turbato resto,
dolce,
dolcezza
ti penso,
volgesse
magari il mio misero esistere
a te,
arcana astrale arcadica.
Sarà concessa, per virtù
di cavaliere eroico
di lotta persa
e combattuta a corpo
e a sangue tra marette
contro il fuggir delle moderne
e terribili social saette,
o per la mia musica
stolta e stonata
o per la lira, l’arpa,
la solitudo,
la voce mia rotta
(la tua che tanto è bella
e tanto resta impressa
nella mente come suono che risona
e tutto
l’universo sprona
e dirige,
anima potentissima
che il cor trafigge)
o per silenzi
-sua altissima regale apparenza?
Pensami
io ti penso,
ti penso.
Un giorno, se concessomi rivederti
anche solo
per saperti
sempre mai più caduca
nel mio mondo corporal
realtà reale
che caduco si allarma
e scorre
in riservato
ruscello
ove ti sogno,
in chiara fonte
dissetarmi
e in porto sicuro rifugiarmi
e in rottura d’equilibrio universale
ricompormi,
solo la tua vista
somma mia dolce
somma mia dolce,
ti penso,
ti penso.
In disparte ti penso
e sai che non ti scordo
e se non sai
tel dico
perché l’ultimo mio lamento
sia di gioia,
e seppur tutto scosso,
assetato,
sperso,
possan le tue braccia
stringere al cuore
l’ultimo inutile e silente
fante sperso
di questo folle amore.
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12 agosto 2015
L'imperatrice
Plasma un destriero indomito
da auriga folle,
da corsaro suadente
di flutti scossi
dalle redini turbate
Gli occhi speculari
di metilene
nella mente di siriaci
dalle grazie celtiche
prostrate al vento
e in panistica unità
con la natura
In selve distorte
tra laghi di immane
gaudio
riposa il tuo velo sospeso:
eternità di roccia
silicio effimero
ma possente
Nella radura la tua gemma
al collo
verde d'assenzio
e variopinta di smeraldi
come calice goduto
come piattaforma di pensiero
fugace
I Fenici
scaltri
tra le rovine di Tebe
e tu in trono
nel firmamento austero
di sogni diurni
di paste statiche
e leziose
come miele,
dolce fiele
negli assedi,
ventura dei portenti,
gioia dei nemici,
emblema della celere
battaglia
In un dissipare di luci
e in un sormontante anelito
dimesso
da soave spuma marina
o da effige divina
numismatica
sorta
trapassata
come liquame
anzi vapore
tra le pareti
umido delle scale
odore incantevole della pioggia
I templi
eretti per te
mistero delle immagini
infinite
di un così vasto ardore
che invade gli animi
Lo spirito
che giace sovrano
sul tuo corpo
carezza le spalle
inumidisce i capelli
dà madore alla pelle
Tu
incauta folla di stupore
ondaccolo della luce
intorpidito bastione
di stratagemmi bellici
Per te le forze cosmiche
lottano
e ai tuoi piedi
l'ultimo anelito cedono
Tu sola collo sguardo
incanti i viaggiatori stanchi
dall'assedio pittoresco
Immergi dentro te
e esponi declinando
con tre parole
l'umanità intera
Dialettica degli opposti,
punto d'armonia assoluta,
il verbo si arresta
dinanzi al tuo apparire
Ma non vive
il tuo respiro
tra spasimi incessanti
di una vittoria
delle foglie incaute
sulle piante
La clorofilla di te
ti dà la forza
di anguste intromissioni
tra quel che è vero
e quello ormai silente
Genesi effimera del volto
lo sguardo intermittente
di te stessa
rivolto verso candidi pensieri
e impure come ieri
le giornate
Bisognerebbe avere la passione
di dire cose da
bestiole che
in te trovano riposo
in te trovano ristoro
nel muover delle mani si stupiscono
ed estroverse si smarriscono
Per conquistarti un soldato
avrebbe invaso
l'Egitto in un attimo svogliato
crollando Alessandria ai suoi piedi
in vana voglia
coi libri intrepidi tra le rive
auguste di potenza
del Nilo trasmigrato in Stige nubiloso
Ma poi il combattente
slegando i lacci del mantello
perdendo la croce e il suo cappello
distrutto ai tuoi piedi
pel rifiuto
L'imperatrice sei tu
io te lo sussurro
sfogliando il volume
sul Volturno
in una piazza incauta del mistero
che la costellazione col tuo nome
cede a Mercurio
E per conquistarti
un alchimista dorato
si è venduto
l'alambicco ed il suo stato
sguazzando nel protocollo di Bisanzio
e giocandosi i tarocchi senza sosta
e senza la tua effige
Sei tu l'Imperatrice
di quelle terre indoeuropee
della tundra sterminata
della scalata verso
il Mare Nostrum
La mappa mostra il tabernacolo
l'alchimista la sfoglia e non ti trova
ti perde nella pietra mistica
nella battaglia di Lepanto
Dov'è il tuo trono e la corona
se s'inchinano i condottieri e i maghi
non senti nelle vene il marchingegno
divino
E capisci ciò che forse non hai letto
e sospendi ciò che forse
non ti sei chiesta
nove gradi nel pianeta ascendente
sul tuo Liocorno
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