19 agosto 2015
Acustico intruglio
 (Marcel Duchamp - Nude descendant un escalier n. 2, 1912 – Olio su tela, 147.5 x 89 cm., Philadelphia, The Philadelphia Museum of Art)
Acustico intruglio nella notte,
lunare influsso sulla soglia del tempo,
poi sonnambuli pensieri,
destrieri rapidi.
Dammi l'attacco,
tra piatto e patto.
Sì.
Sona il bel sì,
d'oc, d'oil, d'oui,
cortese l'arnese,
Paride ed Eva, guanta na mela,
Guantanamera
Patroclo e Beowulf,
iena, lupo e leone,
indugio burino sbarazzino,
goccia perforante e claudicante,
dissetante, piangente, petalo brinoso
incandescente, borioso, bucolico,
georgico pizzetto.
Vai così,
ancora il sì,
paese violato, masticato,
bile il giornale nomato libero,
l'eurodance, i Gigi di turno
pop, dance e topini,
accigliati al piano, alle tastiere,
alle groviere,
dimmi mai o cosa fai,
la scrivente si arresta e vai a capo,
burumbum cià,
annebbiata scolaretta
nella vendetta,
l'ayatollah torchio di vendemmia,
tutto è ben quel che finisce in mi,
bufera russa o capricciosa,
rivoltosa ottombrina porpora,
zarina, cesarea,
Alessandria paludosa,
stop uno.
Movimento compulsivo,
pensiero ossessivo,
ritmo assordante
ed estatico ondulante,
pentateuco e pentagramma
cabalistico, sufismo
e panpsichismo,
percezione aumentata,
esponenziale mescalina,
astrale vite.
Lento, sh,
lento sh.
Un silenzio lo faran i papaveri,
il cemento.
Riprende, non arrestarti,
ribellati il sistema,
kantiano imperativo categorico
kierkegaardiano calar le palpebre,
recitar, il personaggio,
gioco dei ruoli,
gioco di ruolo,
gioco di parte,
Bercoglioni,
gioco delle parti,
il Vaticano.
Silenzio, ancora.
Bum!
Il pupazzo in viaggio.
Il ritorno etereo.
Il rimorso sulfureo.
Acqua distillata.
Olio e combustibile ligneo.
Classificazione enciclopedica.
Semitica semiotica e semiosi virale.
Attacco micidiale.
Falsificazioni e fornicazioni.
Formiche laboriose,
il sessantotto e le cicale.
Poi le scale.
Trasfert l'Rna.
Mitocondriale il respiro
e il nutrimento clorofillico.
Poi...
stop
secondo e terzo finale.
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12 agosto 2015
L'imperatrice
Plasma un destriero indomito
da auriga folle,
da corsaro suadente
di flutti scossi
dalle redini turbate
Gli occhi speculari
di metilene
nella mente di siriaci
dalle grazie celtiche
prostrate al vento
e in panistica unità
con la natura
In selve distorte
tra laghi di immane
gaudio
riposa il tuo velo sospeso:
eternità di roccia
silicio effimero
ma possente
Nella radura la tua gemma
al collo
verde d'assenzio
e variopinta di smeraldi
come calice goduto
come piattaforma di pensiero
fugace
I Fenici
scaltri
tra le rovine di Tebe
e tu in trono
nel firmamento austero
di sogni diurni
di paste statiche
e leziose
come miele,
dolce fiele
negli assedi,
ventura dei portenti,
gioia dei nemici,
emblema della celere
battaglia
In un dissipare di luci
e in un sormontante anelito
dimesso
da soave spuma marina
o da effige divina
numismatica
sorta
trapassata
come liquame
anzi vapore
tra le pareti
umido delle scale
odore incantevole della pioggia
I templi
eretti per te
mistero delle immagini
infinite
di un così vasto ardore
che invade gli animi
Lo spirito
che giace sovrano
sul tuo corpo
carezza le spalle
inumidisce i capelli
dà madore alla pelle
Tu
incauta folla di stupore
ondaccolo della luce
intorpidito bastione
di stratagemmi bellici
Per te le forze cosmiche
lottano
e ai tuoi piedi
l'ultimo anelito cedono
Tu sola collo sguardo
incanti i viaggiatori stanchi
dall'assedio pittoresco
Immergi dentro te
e esponi declinando
con tre parole
l'umanità intera
Dialettica degli opposti,
punto d'armonia assoluta,
il verbo si arresta
dinanzi al tuo apparire
Ma non vive
il tuo respiro
tra spasimi incessanti
di una vittoria
delle foglie incaute
sulle piante
La clorofilla di te
ti dà la forza
di anguste intromissioni
tra quel che è vero
e quello ormai silente
Genesi effimera del volto
lo sguardo intermittente
di te stessa
rivolto verso candidi pensieri
e impure come ieri
le giornate
Bisognerebbe avere la passione
di dire cose da
bestiole che
in te trovano riposo
in te trovano ristoro
nel muover delle mani si stupiscono
ed estroverse si smarriscono
Per conquistarti un soldato
avrebbe invaso
l'Egitto in un attimo svogliato
crollando Alessandria ai suoi piedi
in vana voglia
coi libri intrepidi tra le rive
auguste di potenza
del Nilo trasmigrato in Stige nubiloso
Ma poi il combattente
slegando i lacci del mantello
perdendo la croce e il suo cappello
distrutto ai tuoi piedi
pel rifiuto
L'imperatrice sei tu
io te lo sussurro
sfogliando il volume
sul Volturno
in una piazza incauta del mistero
che la costellazione col tuo nome
cede a Mercurio
E per conquistarti
un alchimista dorato
si è venduto
l'alambicco ed il suo stato
sguazzando nel protocollo di Bisanzio
e giocandosi i tarocchi senza sosta
e senza la tua effige
Sei tu l'Imperatrice
di quelle terre indoeuropee
della tundra sterminata
della scalata verso
il Mare Nostrum
La mappa mostra il tabernacolo
l'alchimista la sfoglia e non ti trova
ti perde nella pietra mistica
nella battaglia di Lepanto
Dov'è il tuo trono e la corona
se s'inchinano i condottieri e i maghi
non senti nelle vene il marchingegno
divino
E capisci ciò che forse non hai letto
e sospendi ciò che forse
non ti sei chiesta
nove gradi nel pianeta ascendente
sul tuo Liocorno
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