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BLOG "http://dichter.ilcannocchiale.it/", AUTORE DEL BLOG DOTTOR GIOVANNI DI RUBBA. GLI SCRITTI, IN LIRICA ED IN PROSA, PRESENTI IN QUESTO BLOG SONO OPERA DELL'AUTORE DEL BLOG, DOTTOR GIOVANNI DI RUBBA, E DI SUA PROPRIETÀ. |
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5 febbraio 2016
Schiarisce il buio
Schiarisce il buio,
tempesta di diamanti
il sogno sordo
della mia memoria
e il vento del silenzio;
così,
per ricordo lucente,
e così,
per principio assente,
rivedo lontano il sussulto
mancato
ed il sussurro sciupato
per entrare nel vivo
ecco che amplifica il suono,
esplode
a notte inoltrata
la bolla del senso
e rivedo
il tuo volto
temeraria
principessa
divina del mio
melodico accenno stonato.
Prorompe,
prorompe
lo squillo
assordante,
preludio
dell’adagio flebile
sentimento
e saliamo le scale del tempo
come naufraghi eroici
dai mille diademi
maledetti
e sei splendida
come sposa del biblico cantico
e torre di gaudio maestosa
ed avorio dei denti lucenti
e progenie del fato dilettissima
ed occhio d’incanto
ed ammaliatrice come maga
tramuti i miei sensi in bestiole dolci
come lira pizzica il tuo spirito
l’anima mia perduta in te,
come riflesso di luna posata
su specchi infiniti
il sognato tuo abbraccio,
come amarena ed assenzio le tue labbra
desiderate
eppure che so tanto leziose,
fatte d’ambrosia, mirtilli e nettare
dea perfettissima.
Ti penso.
Ora silente
è tutto,
solo
l’ombra tua
ciò che ho,
tiepido ardore
e lo sbocciare di un sorriso
appena appena accennato
mentre scrivo e la penna
ed il fumo
e tu qui assente ancora
riappari furente
posata lieve sul manto sidereo,
mia amata di sempre
ed io che ti do,
parole su parole
ed assiomi
scardinati
e poi me,
e ancora tu,
motivo
e luce
del mio suono
e vestigio d’incenso
il tuo vello,
altera
ti vedo
ancora lo dico,
terribilmente
assente
ma fugace immago d’assoluto,
senso ultimo dell’esistenza
ed ancora sovrana,
capretta cortese
dei respiri arcadici
e dei vivaci accenni
di stemperamenti
in ortensie
ed in viole
e in zagare
ed in gelsi
ed acacie
e nel resto sovrana
coi simboli sottesi
al tuo mutamento
statico e perfetto,
riluce
e traluce
la storia,
sapessi quanto mi prendi
te e come sei
tutta stupenda!
Vaneggio
che non fu
ma desio speranzoso,
sboccia
come verdura anzi tempo
respiro d’inverno
pensarti onda sottile
nei sobborghi del mio esistere,
rosmarino,
senso di tutto e tutto ad un tempo,
essenza dell’oggi
e muto il verbo
cresce d’intensità
sogno desto
e maledetta
nella tua perfezione,
dimmi ancora qualcosa,
tripudio
di suoni
è il tuo nome.
Sogno te,
penso a te,
vedo te,
chiedo di te.
Anche se ai margini
dello stordimento
pregresso
il tuo volto mi è tutto,
il tuo corpo il velluto,
il tuo manto,
il tuo cenno,
il periodo sospeso,
l’ode all’altrove.
E splendi ancora
fulgida essenza cromatica,
biancheggia
candida
la mia eterna
maledizione
nel pensarti
così
sincera
mia principessa
risveglio in notturno fragore
e sei ancora il mio trastullo
dell’intelletto
il fiore più candido
del giardino del mio cuore
ciò che non osi
nel canone inverso,
quel comporre sordo,
quel chiarore
musicale
ultima
tempesta
della ultima mia volontà.
E tanto m’è caro,
tanto,
la ripetizione
del tuo splendore
in canticchiare balbettante.
Come latte amarena
boschiva.
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17 gennaio 2016
Sgocciola il ricordo del futuro
Sgocciola il ricordo,
pianto
è l’illusione
di un giro contorto
perso tra visioni,
versioni,
incursioni,
andaluse stanze,
piazze
in giro tramortite.
Così
misi la fine
la mia
quando
sognavi ancora e poi
credevi
all’ultima intrapresa
resa
come
inizio e dignità.
Ancora e ancora,
solo l’aurora,
resta il tempo
maledetto
del ricordo
ieri vedo
ciò che dico
e raccontai
tra l’intervallo
primo e questo.
Così,
sarà così
che tu
struggente,
la stessa,
la vita
di quando
a un palmo
ero distante
e tu così vicina.
E canto
e cantai solo di te.
Tormenti
intesi,
sussurri
gli anni passati
ormai finiti.
Eccoti
qua,
cambiata e sempre tu,
ragazza che raccoglie in sé
l’armonia tutta,
l’umanità intera
ed ogni altra non è
che parte di te.
Eccoti di nuovo
nella mia memoria
stesa su panchina,
mi ricordo!,
dicendo sai,
discorso
prezioso,
tu ricordi il nostro tempo
al confine
dell’universo
intero;
esso era
ed è ancora
nei tuoi occhi
che sai
e sai il tuo nome
e dire
sì, è questo,
scoperto il suono
sull’atlante
ma dopo
il gusto
io scriverei la stessa cosa.
Il segno del ricordo.
E tu continui
Bea con la lettera d’inizio,
ossia lì alla fine della musa
di bellezza,
che ti rimanda
al boschivo
cirro tra porpora e arenaria
e all’occhio lucente
metilene e cobalto,
ma sfumato e profondo.
S’arena dunque l’alma mia
come lucente al trotto
del giro commosso
e ridicolo
e s’arena ancora alla tua vista
splendente
che sembri trafitta e risorta,
che sembri andata
ma col vigore di allora,
che ti amo ancora in diecimila
intensità diverse
ed amo il tuo corpo
soggetto a mutamento
e più muta più l’amo
più penso
ad allora,
l’estate e quanti anni!
Quando cominciò
come valanga ora immerso
nel fango,
in sedimenti irrecuperati
e irrecuperabili
o tu mia luce,
quanto di te ricordo
e prima ancora dell’immagine
la voce
e prima ancora il suono
e il sibilo anzi ancora
quanto m’è dolce.
Quanto mi è dolce il tuo volto
che si scrolla
e tutto nuovamente smuove
e non solo in me
ma traballa in mille serie multiformi
tutto ciò che è attorno.
E dal corpo all’alma tua,
quella ancora più viva
quella tua maestosa alma
alla tua statura parva
che ingrandisce l’orma
di te
in un tripudio
dell’immenso
e l’alma, l’alma
è l’alma
sei tu splendida!
La tua alma dormiente
che subito si sveglia,
la tua alma che ti è e ti rende
e tu divieni
dunque
immortale alle genti
e l’essenza
traspare
e languisce,
la vista inebria
e la mia parola si arresta
tu verità dalle tante ragioni
e dal cuore di tenebra,
incanto del domani
il nostro passato.
E ti rivedo
e ti sogno
riletta ovunque
e ovunque
una persa
ricuperata
e intensa.
E lo spirto
più ancora
è il tuo verbo
di cui ho detto,
e che lascio al silenzio
nella preziosità della tua assenza,
a me forse più prezioso
ma adornato
ed agghindato
se mai risentissi
o concessomi farlo
divina che ometto la i
mettendola in eccesso
come alle terme
perché la mia è incompletezza
e la tua perfezione.
Ah sapessi che fai,
sapessi parlare
o scrivere
o dire
o segnare nell’aere
o nel segno tuo stesso
di ieri il completamento
quanto lontana mi è la vita,
quanto le cose,
quanto gli affetti,
quanto l’amore,
ma ragazza di un tempo,
indelebile mia compagna assente
di questi ultimi miei anni,
sapessi vivere
vivrei di te.
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