5 febbraio 2016
Schiarisce il buio
Schiarisce il buio,
tempesta di diamanti
il sogno sordo
della mia memoria
e il vento del silenzio;
così,
per ricordo lucente,
e così,
per principio assente,
rivedo lontano il sussulto
mancato
ed il sussurro sciupato
per entrare nel vivo
ecco che amplifica il suono,
esplode
a notte inoltrata
la bolla del senso
e rivedo
il tuo volto
temeraria
principessa
divina del mio
melodico accenno stonato.
Prorompe,
prorompe
lo squillo
assordante,
preludio
dell’adagio flebile
sentimento
e saliamo le scale del tempo
come naufraghi eroici
dai mille diademi
maledetti
e sei splendida
come sposa del biblico cantico
e torre di gaudio maestosa
ed avorio dei denti lucenti
e progenie del fato dilettissima
ed occhio d’incanto
ed ammaliatrice come maga
tramuti i miei sensi in bestiole dolci
come lira pizzica il tuo spirito
l’anima mia perduta in te,
come riflesso di luna posata
su specchi infiniti
il sognato tuo abbraccio,
come amarena ed assenzio le tue labbra
desiderate
eppure che so tanto leziose,
fatte d’ambrosia, mirtilli e nettare
dea perfettissima.
Ti penso.
Ora silente
è tutto,
solo
l’ombra tua
ciò che ho,
tiepido ardore
e lo sbocciare di un sorriso
appena appena accennato
mentre scrivo e la penna
ed il fumo
e tu qui assente ancora
riappari furente
posata lieve sul manto sidereo,
mia amata di sempre
ed io che ti do,
parole su parole
ed assiomi
scardinati
e poi me,
e ancora tu,
motivo
e luce
del mio suono
e vestigio d’incenso
il tuo vello,
altera
ti vedo
ancora lo dico,
terribilmente
assente
ma fugace immago d’assoluto,
senso ultimo dell’esistenza
ed ancora sovrana,
capretta cortese
dei respiri arcadici
e dei vivaci accenni
di stemperamenti
in ortensie
ed in viole
e in zagare
ed in gelsi
ed acacie
e nel resto sovrana
coi simboli sottesi
al tuo mutamento
statico e perfetto,
riluce
e traluce
la storia,
sapessi quanto mi prendi
te e come sei
tutta stupenda!
Vaneggio
che non fu
ma desio speranzoso,
sboccia
come verdura anzi tempo
respiro d’inverno
pensarti onda sottile
nei sobborghi del mio esistere,
rosmarino,
senso di tutto e tutto ad un tempo,
essenza dell’oggi
e muto il verbo
cresce d’intensità
sogno desto
e maledetta
nella tua perfezione,
dimmi ancora qualcosa,
tripudio
di suoni
è il tuo nome.
Sogno te,
penso a te,
vedo te,
chiedo di te.
Anche se ai margini
dello stordimento
pregresso
il tuo volto mi è tutto,
il tuo corpo il velluto,
il tuo manto,
il tuo cenno,
il periodo sospeso,
l’ode all’altrove.
E splendi ancora
fulgida essenza cromatica,
biancheggia
candida
la mia eterna
maledizione
nel pensarti
così
sincera
mia principessa
risveglio in notturno fragore
e sei ancora il mio trastullo
dell’intelletto
il fiore più candido
del giardino del mio cuore
ciò che non osi
nel canone inverso,
quel comporre sordo,
quel chiarore
musicale
ultima
tempesta
della ultima mia volontà.
E tanto m’è caro,
tanto,
la ripetizione
del tuo splendore
in canticchiare balbettante.
Come latte amarena
boschiva.
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2 gennaio 2016
Il respiro del tuo viso
Il respiro
del tuo viso
l’ultimo orizzonte
dalla sabbia scosso
nel silenzio
che alberga muto
in me,
oramai non c’è
che l’illusione,
quella croce
rosea
del cuor
deluso
dal peregrinare
stanco
tra note d’assenzio
come tra me e te.
Silenzio.
Ed il respiro aumenta,
tenebra sull’asfalto
è il mio sogno
che scarno
svilisce in sé
solo per
contemplare
l’immagine riflessa
di te immobile
alla parete
deserta
e tantrica
inversa
muro d’oblio
e sei tu già qui
attesa amica,
sai ciò che non dici
perché nel vuoto
dell’esistenza l’ultima trama
è la mia.
E tu sorridi
terribile
la mia delusione
nel vedere
l’ombra tua
che si allontana
e tenebra ancora
è ora in me.
Quando allegra dici
senza parole o pronuncia
che
sono al di là
della comprensione
e per ciò stesso
steso,
chiaro, evidente
al di là
del piacere
è la mia apparenza
come ostacolo
inutile,
inciampo,
voce sorda
e naufrago
al tuo sorriso,
inutile
sono frastuono
fastidioso
ma tu sei lì
anche senza me
docetica
come mandorla
dischiusa
sei perfetta.
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