Emisfero di passioni è la ragazza mia
ed ogni quesito d'universo spento
ripudia dolor nell'estroso passo,
talora guarda al dipinto plurale
dell'erba e del soffice manto
austero nel canto cadenzato
e raddrizza l'inverso fragoroso
della vista quando, miserrimi,
celebrammo la ventura dell'oscuro.
Talora lei simpatica,
quando le fisso le mani
abbassa il viso
ed è come voragine il
mio core,
come tempesta il mio sentire,
tutto trasmuta in trascendente
e non v'è figlio di Cristo
che non senta il pullular
di una scolastica passione,
il vincolo sovruman
della femminea intenzione.
Allor si chiede all'ombra
ristorato
un corpo innamorato e tutto
perso
se da un solo cenno
si può carpire il color
dell'immenso,
le fugaci vie mancine,
i dardi e le stelle
che in gomitoli di costellazione
fanno l'eco
al grappolo vistoso della sua
silente immaginazione,
del suo sorriso.
Sembra che la temperanza
vinca la empedoclea
confusione,
la scissione dell'armonia
tutta in faville
quando per la tensione
si respira guerra
che dir 'sì santa
è offesa all'anima
creatrice.
E lei, perciò,
è l'unica salvezza,
o genti mortal
gettate al vento il mantello,
ficcate nella rimembrosa roccia
l'acuminato stendardo,
lanciate l'elmo,
che 'sì tosta virtù
mai per disdegno
ha carpito il senso mio.
Come il pittor
talvolta naufrago
rimugina sull'algoritmo
fitto
del Fato
per trovar la giusta quadratura
al cerchio,
tal io son rimembrano e contemplando
la sua gioia diurna
e furente nella notte
quando l'occhio dilata il suo vettore
e tenue come foco rissoso
sfavilla il suo pudore,
splendore!
Non negate spiriti
a cotal figliuola
che tanto ha sofferto
e tanto amato
la grazia dell'immenso.
E tieni conto
o Misericordioso Lume
che pur se lei ha negato
il tuo dominio
l'occhio ruggente e celeste
suo
a te ha condotto
me e gli altri innamorati
profughi nel vuoto
infinito dell'immenso.
Non sperderti dunque,
o mia canzone,
ma per li cortili e i vicoli,
le reti ingorde
e le prolisse rive
spargi il suo nome
e per desio
cedile il posto
nel più melodioso cerchio.